Michela Gombacci, di equilibri e conquiste.
Conosco Michela da qualche anno, ma ci siamo sempre incrociate di sfuggita. L’ho sempre seguita da lontano con una grande ammirazione per il modo con cui è riuscita a crearsi una realtà imprenditoriale negli States, dando vita a quello che potremmo chiamare il Sogno Americano, che così sogno negli ultimi decenni non è più. Ci vuole una determinazione granitica, una costanza che non è da tutti e l’abilità di imparare a gestire mari calmi e improvvisamente mossi.
Michela ci è riuscita, coronando anche la parte privata della sua vita sposando l’imprenditore Stefano (Minoli) e mettendo al mondo la piccola Camilla, riuscendo a sfidare l’equilibrio precario che si genera in ogni donna quando la carriera e la maternità si incontrano. Ho voluto fare una chiacchierata con lei per farmi raccontare i momenti più importanti della sua vita e i suoi progetti di successo, perché credo fermamente che il successo sia sempre il risultato di lavoro e studio costante e quando accade va condiviso, anche per ispirare chi magari, proprio in questo momento, sta cercando la sua strada nel mondo.Partiamo dalla fine, raccontaci il tuo nuovo progetto, Verdigris Club.
Verdigris non è solo un marchio, ma un’esperienza a 360 gradi, un nuovo modo di vivere il lifestyle. Non si tratta semplicemente di acquistare prodotti, ma di accedere a un vero e proprio stile di vita, si tratta di un Digital Private Membership Club dedicato sia ai clienti di Otis on Park (la mia prima startup) sia a chiunque desideri farne parte. L’idea è nata insieme a mio marito Stefano (socio anche in Otis), comprendendo che molti dei nostri clienti – alcuni dei quali sono diventati amici nel tempo – cercano qualcosa di più di una semplice transazione. Da qui nasce un autentico senso di community, un sentimento di appartenenza che, a mio avviso, rappresenta il futuro dello shopping e del branding.
Verdigris Club offre una gamma esclusiva di servizi e collaborazioni con prestigiosi nomi nei settori del viaggio, dell’ospitalità, della ristorazione e della cultura. Il nostro punto di partenza è New York, ma con una chiara visione internazionale: stiamo lavorando per ampliare i servizi negli Stati Uniti e in Europa, con particolare attenzione all’Italia.
Nel 2021 abbiamo lanciato Otis on Park, quando il concetto di sourcing era ancora poco diffuso. Oggi questa idea si è evoluta e rappresenta qualcosa di ancora più ampio: non solo esclusività, ma il senso autentico di far parte di un mondo unico e distintivo.
Otis on Park, il tuo primo progetto.
Si. Otis On Park è un progetto che inizialmente si occupava di scouting e ricerca di pezzi di gioielleria e accessori vintage, tesori che trovo tuttora partecipando anche a varie aste. Dopo soli 4 mesi dall’inizio è diventato il mio business principale grazie alle numerose richieste che cominciavano ad arrivare. È stato un progetto che mi è esploso tra le mani: la realtà mi ha mostrato la strada da percorrere. Mi sono specializzata in diamanti, gioielli importanti e borse di lusso rappresentando clienti di prestigio nelle aste di tutto il mondo. Un’attività che mi dà ancora oggi enormi soddisfazioni e che dimostra come lo spirito imprenditoriale americano permetta a una startup di emergere e diventare importante. Tutto si svolge in digitale, attraverso i social media e il passaparola. Siamo stati tra i pionieri nel creare questo nuovo concetto di vendita, e l’estensione di Otis è proprio Verdigris.
Gli inizi e la tua sliding door.
Sono nata e cresciuta a Trieste, in un ambiente molto confortevole. Tuttavia, durante l’estate dei miei 20 anni qualcosa è cambiato dentro di me, spingendomi a cercare nuove esperienze fuori dal mio “nido”. Quindi, mentre studiavo Scienze Politiche con specializzazione in comunicazione e non ero ancora sicura di quale fosse la direzione da prendere per il mio futuro, ho inizialmente pensato a un soggiorno linguistico a Parigi, ma poi ho optato per New York.
La passione per la moda e il lusso mi ha sempre accompagnata, e New York sembrava l’opportunità giusta per crescere. Quando sono tornata a casa ho deciso che avrei voluto trasferirmi definitivamente per frequentare una business school. Sono riuscita ad anticipare di sei mesi il mio percorso accademico, in modo da poter fare varie application e avviare il processo di trasferimento. Mi sono trasferita a New York, dove ho frequentato una Business School a Manhattan, specializzandomi in management nel settore del lusso e della moda. Qui sono arrivata senza conoscere nessuno, ma ho costruito la mia vita da zero, sostenuta dai miei genitori che mi hanno supportato non solo materialmente, ma anche emotivamente credendo sempre in me.
Ho iniziato con internship che mi hanno dato una formazione solida che si è rivelata fondamentale per la mia carriera, in seguito ho avuto l’opportunità di lavorare con marchi prestigiosi come Versace, Max Mara, Lacoste e altri. Dopo circa due anni e mezzo, ho attraversato una piccola crisi e ho pensato di tornare in Italia, ma alla fine ho deciso di restare. Sentivo però il bisogno di un cambiamento e così ho scelto Los Angeles, ancora una volta senza paura e senza esitazioni. Lì ho vissuto per quattro anni, lavorando nel mondo della moda per un brand francese.
Durante questo periodo ho incontrato Chiara Ferragni, con cui ho instaurato una bella amicizia e un’importante collaborazione professionale. Sono stati tre anni intensi e formativi, che mi hanno permesso di crescere e apprendere moltissimo. Le sarò sempre grata per avermi dato l’opportunità di proseguire nel mio cammino professionale, che mi ha portata a lavorare tra Stati Uniti e Italia.
A un certo punto ho sentito il bisogno di tornare a New York, una città che mi mancava sia dal punto di vista energetico che professionale. Nel frattempo mi ero fidanzata con mio marito Stefano, un americano che viveva in Italia da dieci anni. Anche lui condivideva la mia idea di ritornare a New York e nel 2020, nel bel mezzo della pandemia, abbiamo deciso di farlo. Durante quel periodo lavoravo come consulente per piccole aziende e poi, quasi per gioco, ho iniziato Otis On Park, il progetto che mi ha permesso di concretizzare una parte delle mie passioni.
Il trasferimento negli USA.
Avevo 21 anni, nessun legame con l’America: è stata una scelta di coraggio e, al contempo, di ingenua spensieratezza, un mix che ho compreso appieno solo successivamente. Oggi, con la prudenza che caratterizza l’età adulta e con la maternità che mi rende più riflessiva, non sono sicura di riuscire a rifare la stessa cosa con quella leggerezza, ma posso dire di essere fiera di me stessa e, guardandomi indietro, sono convinta di aver preso la decisione giusta. Il mio legame con la famiglia e il lasciare la zona di comfort sono stati, sorprendentemente, più facili di quanto immaginassi. Per fortuna riesco a vederli più volte all’anno, e avere un porto sicuro dove tornare mi ha dato la serenità necessaria per lanciarmi nel mondo.
Quando sono tornata a New York con mio marito, e quindi come coppia, la scelta è stata più ponderata. Non è sempre facile, soprattutto ora che con la mia bimba Camilla sento ancor più la mancanza della mia famiglia, ma fortunatamente riusciamo a vederci molto spesso nonostante la distanza. Allo stesso tempo siamo nel momento cruciale delle nostre carriere, e vivere qui ci dà quella marcia in più per il nostro business, offrendoci l’opportunità di costruire qualcosa di concreto anche per lei.
Come hai vissuto la maternità.
La maternità negli Stati Uniti: con una buona assicurazione sanitaria mi sono sentita davvero fortunata. Ho avuto la possibilità di affidarmi a una struttura sanitaria d’eccellenza, dove le attenzioni ricevute hanno fatto davvero la differenza. Più che un ospedale, sembrava un business hotel: stanze singole e private, con l’intimità di avere mio marito e la mia famiglia vicini. Certamente un sistema privato offre più supporto, ma senza voler sminuire l’Italia, posso dire che sono stata benissimo. Avevamo preso in considerazione l’idea di far nascere Camilla in Italia, ma il vantaggio di avere il comfort di essere a casa subito dopo e di ottenere la cittadinanza americana per lei sono stati fattori determinanti. I miei genitori mi sono stati molto vicini e questo ha reso il momento ancora più speciale, proprio per questo la cosa che mi pesa di più è la distanza da loro.
Conciliare lavoro e maternità non è stato semplice, ma grazie a un orario di lavoro abbastanza flessibile, io e Stefano siamo riusciti a trovare un’organizzazione ottimale. I primi sei mesi sono stati un vero e proprio vortice, non mi sentivo mai completamente in grado di gestire tutto… mi sono sentita inadeguata, sia come mamma che come donna in carriera. Sto ancora cercando di essere più clemente con me stessa: non ero completamente preparata ad affrontare questa doppia dimensione. Superato questo primo periodo, però, tutto si è riassestato e probabilmente questo passaggio era necessario, un momento di altalena tra il sentirsi “eroi” e “fallimentari”.
Ora con mio marito dividiamo il tempo in modo equilibrato tra lavoro e famiglia, ma trovare questo equilibrio non è stato affatto facile. Sto cercando di dare spazio a entrambe le Michele: la business woman di prima e la mamma di adesso. Mi sento meglio con me stessa perché non solo non mi perdo, ma anzi mi arricchisco. Non so cosa mi riserverà il futuro con la crescita di Camilla, ma so che sto dando il massimo per mantenere in piedi questo delicato equilibrio.
Il futuro?
Per i prossimi 15-20 anni mi vedo vivere qui, oltre quel periodo non saprei. Certamente prima che Camilla inizi il percorso scolastico il mio obiettivo è trovare un equilibrio nel vivere tra i due continenti. La strada è bellissima e stimolante, ma di certo è ancora lunga.
Photo Credit Michela Gombacci