Editoriale Ottobre 2017 – Di buttarsi nel vento.
E quindi è successo. Ce l’ho fatta, ci sono riuscita, ho trovato il coraggio di fare ciò che meditavo da tempo, ma che per diverse ragioni continuavo a rimandare tergiversando e trovando scuse. Semplicemente non ero pronta. Non avevo ancora il coraggio di buttarmi dal ciglio verso il quale mi sono avvicinata in questi anni, e sul quale camminavo all’estremo bordo in questi ultimi mesi. Poi è scattato qualcosa di inaspettato, insieme a tutto ciò che di inaspettato è accaduto nella mia vita – e quindi dovrei farci l’abitudine, ma grazie al cielo alle cose inaspettate l’abitudine non la si fa mai – e ho deciso. Lucidamente, in una manciata di giorni.
Ho lasciato il mio lavoro da consulente nel ramo assicurazioni e finanza. Ho lasciato definitivamente la parte razionale della mia vita lavorativa dalla quale non riuscivo a staccarmi. Mi sono buttata. Ho dimenticato la paura, intanto di cosa posso ancora avere mai paura, nella mia vita. Ho dimenticato i pensieri pesanti e tutto ciò che non era più allineato nell’armonia della mia mente, nell’equilibrio che mi sto creando con fatica, ma che piano piano prende forma.
E mi sono sentita libera. Libera di fare ciò che voglio, ciò che mi pare. (Non che io abbia mai avuto remore a fare ciò che voglio, ho avuto la fortuna di avere una famiglia che non mi ha mai impedito niente e mi ha sempre lasciato libertà e fiducia massima.) Ma sono davvero libera. Libera di dire dei si, dei no, libera di decidere e di scegliere, libera di essere ciò che voglio essere. E avevo dimenticato quanto può farti sentire più leggera la libertà. E quanto può fare bene alla mente il pensiero di fare solamente ciò che desidera.
Così eccomi qui, per ufficio la mia casa, Roma, il mondo, i posti del cuore, un Mac, un blocco per gli appunti, una matita e un telefono. I miei innumerevoli caffè, il the delle cinque con il latte, i maglioni caldi e morbidi, il mio nuovo profumo che sa di legno antico e mare d’inverno, il sostegno delle persone che mi vogliono bene, i bei messaggi sul telefono, i viaggi che arriveranno, i progetti che si stanno realizzando, la legge dell’attrazione che funziona, gli alti e i bassi, la vita che continua. Un po’ di luce anche per me.
Risalire dal buio e ricaderci, avere le dita insanguinate e i graffi sulle mani che cercano di arrampicarsi di nuovo verso il sole. Avere la terra addosso, gli incubi la notte, la paura nonostante tutto di tornare a vivere, che molto spesso adagiarsi nel proprio dolore diventa quasi comodo e questo è l’errore madornale. Avere gli occhi che bruciano per l’insonnia, il corpo che fa male, la testa che scoppia, tutto che sembra remare contro quando invece è l’adattamento alle nuove dimensioni che sferza colpi tremendi, colpi che aiutano a riassestarsi, colpi che sono indispensabili per ritrovare equilibrio. Che per uscire dal proprio inferno bisogna passarci, immergervisi, non scansarlo, non evitarlo, ma viverlo sino a che fa così male, sino a che lo superi e sino a che diventa la forza di averlo attraversato. Una nuova dimensione, una nuova realtà da imparare ad accettare e assecondare, un nuovo percorso che si apre insieme a porte che diventano portoni e piccoli spicchi di azzurro che diventano cielo.
Imparerò a disegnarci il sole.